Il Tribunale di Pisa, con la sentenza n. 419 del 17 marzo 2021, ha dichiarato che i DPCM emanati da Conte durante il periodo della pandemia sono illegittimi, così come gli atti amministrativi conseguenti.
Il Tribunale di Pisa considera illegittimi i DPCM, accusando essi di aver limitato la libertà personale e di circolazione delle persone.
E’ stata pronunciata, inoltre, l’assoluzione di due soggetti che erano stati accusati di aver violato gli obblighi del DPCM dell’8 marzo 2020, comportamento punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale, perché, secondo il tribunale, il fatto non sussiste in relazione alla condotta.
Il giudice, in seguito all’emergenza da Covid-19, ha ritenuto che sono state emanate disposizioni che hanno limitato le libertà garantite dalla Costituzione.
Il giudice, successivamente, sottolinea come i DPCM non siano atti aventi natura normativa ma amministrativa, pertanto occorre stabilire se essi siano idonei a limitare i diritti fondamentali.
Ella ricorda, in conclusione, che solo un atto avente forza di legge può porre limitazioni a diritti e libertà costituzionalmente garantiti.
Secondo il Tribunale, tutte gli ordini di carattere normativo non riguardano le situazioni di rischio sanitario (come il Covid-19). Il D./Lgs n. 1/2018 art. 7, infatti, fa riferimento a “eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo”.
Inoltre, la Costituzione prevede il conferimento di poteri speciali al Governo solo nel caso in cui le Camere deliberino lo stato di guerra (art. 78 Cost.).
In conclusione, secondo il Tribunale di Pisa “manca un qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, con consequenziale illegittimità della stessa per essere stata emessa in violazione dell’art. 78, non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria”.
In altre parole, la delibera dichiarativa dello stato di emergenza del 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto nell’ordinamento non è rinvenibile alcuna norma di rango primario o costituzionale che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. Da ciò consegue l’illegittimità di tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica.

Il decreto legge 6/2020 ha attribuito al Presidente del Consiglio ampi poteri, senza limiti temporali, con delega generica, consentendogli di adottare misure restrittive che limitano i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione come:
- la libertà di movimento e di riunione (artt. 16 e 17 Cost.),
- il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, anche in forma associata (art. 19 Cost.),
- il diritto alla scuola (art. 34 Cost.),
- il diritto alla libertà di impresa (art. 41 Cost.).
Ebbene, tali limitazioni sono imposte non con legge ordinaria ma con un DPCM che risulta illegittimo per:
- “mancanza di fissazione di un effettivo termine di efficacia;
- elencazione meramente esemplificativa delle misure di gestione dell’emergenza adottabili dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
- omessa disciplina dei relativi poteri”.
I DPCM dell’8 e 9 marzo 2020 hanno stabilito un divieto generale e assoluto di spostamento, fatte salve alcune eccezioni. Tali disposizioni sono in contrasto con alcuni articoli della Carta Costituzionale come:
- l’art 13 (libertà personale),
- l’art. 16 (libertà di circolazione e soggiorno),
- l’art. 17 (libertà di riunione),
- l’art. 18 (libertà di riunione e associazione),
- l’art. 19 (libertà di religione),
- l’art. 76 (delegazione legislativa),
- l’art. 77 (decreto legge e potere di ordinanza).
Nel nostro ordinamento l’obbligo di permanenza domiciliare – essendo restrittivo della libertà personale – può essere imposto solo con atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli “casi e modi” stabiliti dalla legge (art. 13 c. 2 Cost).
Immagine copertina: Corriere della Sera